Dynamic Budgeting
Ho recentemente letto un articolo pubblicato da Blastness su Hospitality Net che parla di un tema molto interessante: il Dynamic Budgeting.
L’idea è semplice ma rivoluzionaria: smettere di confrontare i costi di acquisizione del diretto con le commissioni OTA come se fossero due elementi equivalenti.
Un booking diretto non è solo una transazione, è un asset strategico: porta dati proprietari, relazione con l’ospite e possibilità di fidelizzazione.
Oltre il confronto con le OTA
Prendere la commissione OTA come bussola è un errore di prospettiva.
Le OTA non sono semplici fornitori di servizi: sono tech company globali.
Un dato basta a chiarire la sproporzione:
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Nel 2024 Expedia ha speso quasi 7 miliardi di dollari in marketing (più della metà dei suoi ricavi).
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In totale, i principali player OTA hanno investito circa 18 miliardi in un solo anno.
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La maggior parte degli hotel, invece, dedica meno del 2,5% del room revenue al marketing.
Capire che il campo di gioco non è paragonabile significa accettare che la sfida non è “spendere quanto le OTA”, ma imparare a gestire in modo intelligente i propri costi di acquisizione.
Il concetto di Dynamic Budgeting
Qui entra in gioco il concetto di Dynamic Budgeting. Non si tratta di un trucco per abbassare i costi pubblicitari, ma di un framework per ridefinire il modo in cui gli hotel pensano la visibilità.
Invece di fissarsi sul “quanto spendere” in assoluto, il Dynamic Budgeting si chiede:
Quale proporzione di ogni prenotazione sono disposto a reinvestire in visibilità?
Questa logica cambia completamente l’approccio:
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I budget diventano elastici, scalando con domanda, stagionalità e fase di vita della struttura;
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Le decisioni non sono più rigide o arbitrarie, ma collegate alla realtà operativa e al ciclo di vita dell’hotel.
Esempi:
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Un nuovo hotel può giustificare costi di acquisizione anche del 40–50% per booking, perché la priorità è posizionarsi velocemente.
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Un hotel maturo, con brand consolidato, punterà invece a ridurre progressivamente i costi, sfruttando la reputazione già acquisita.
Chi possiede davvero l’ospite?
Dietro questo dibattito c’è una domanda cruciale:
–> di chi è il cliente?
Le OTA si presentano come partner, ma parlano al viaggiatore come se fosse loro.
Eppure, a pensarci:
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il servizio lo eroga l’hotel,
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la responsabilità è dell’hotel,
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il pagamento lo riceve l’hotel.
Gli ospiti non raccontano “Expedia mi ha offerto una colazione fantastica”. Ricordano il tuo staff, il tuo sorriso, la tua esperienza.
Se un hotel è percepito come una commodity, il cliente resta dell’OTA.
Se invece il brand costruisce un racconto, un’identità e un legame, la fedeltà segue l’esperienza, non la piattaforma.
Dynamic Budgeting come strategia di lungo periodo
Il Dynamic Budgeting invita gli hotel a considerare i costi di acquisizione non come una spesa da minimizzare, ma come un investimento in sovranità.
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Marketing → non un costo, ma strumento per controllare la narrazione.
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Tecnologia → non un lusso, ma un abilitatore di relazione.
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Storytelling → non decorazione, ma leva di fidelizzazione.
La vera battaglia non si gioca sul click, ma sulla memoria dell’ospite.
Chi riesce a trasformare una transazione in appartenenza, un booking in relazione, vince davvero.
Il Dynamic Budgeting propone di non fissarsi su percentuali rigide ma di ragionare in modo proporzionale e dinamico:
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Un hotel nuovo può giustificare costi molto più alti (anche il 40–50% del booking) perché la priorità è farsi conoscere.
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Una struttura consolidata deve invece ottimizzare e ridurre progressivamente i costi, sfruttando la reputazione e la base clienti esistente.
In pratica, non si tratta di “spendere meno”, ma di spendere meglio, in linea con la fase di vita dell’hotel e con l’obiettivo di lungo periodo: costruire relazioni dirette e durature con gli ospiti.
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