Il vero costo delle prenotazioni dirette

Il vero costo delle prenotazioni dirette

Le prenotazioni dirette non sono sempre il Santo Graal

Per anni nel settore alberghiero si è ripetuto lo stesso mantra: “Le prenotazioni dirette sono le più redditizie”. Ma è davvero così? La realtà è più complessa. Una recente discussione dell’HSMAI Revenue Optimization Advisory Board ha messo in luce come marketing, programmi fedeltà, strumenti di terze parti e persino i costi del personale possano erodere i margini, rendendo anche una prenotazione diretta meno vantaggiosa di quanto si pensi.

Capire il vero costo della distribuzione è oggi essenziale per garantire la sostenibilità economica degli hotel.

“Le prenotazioni dirette sono sempre le più redditizie.”
Se avessi ricevuto un euro ogni volta che ho sentito questa frase, oggi non scriverei articoli su LinkedIn ma sorseggerei un Negroni al Bar Locarno.

Spoiler: non è vero. O almeno, non è sempre vero.
E se continuiamo a ripeterci questa litania come un mantra, rischiamo di costruire strategie su un mito invece che su dati reali.

Perché le prenotazioni dirette possono costare di più

Chiariamo subito un punto: non sto dicendo che le OTA siano benefattori senza macchia. Le commissioni ci sono e pesano. Ma anche la prenotazione diretta ha un costo — spesso più alto di quello che immaginiamo.

Associare “diretto” a “più profittevole” è un errore diffuso. Per acquisire una prenotazione diretta servono investimenti che spesso non vengono calcolati in modo accurato, tra cui:

  • campagne pubblicitarie (Google Ads, Meta Ads, metasearch);

  • costi di agenzia o consulenza esterna;

  • tool di terze parti come motori di prenotazione o chatbot;

  • sconti, benefit e omaggi legati a programmi loyalty;

  • costi di payroll e team di marketing o vendite.

Come ha sottolineato un membro del Board: “Solo perché stai investendo per spingere le prenotazioni dirette non significa che ne mantieni davvero tutti i margini.”

Benchmarking: strumenti utili, ma non perfetti

Sempre più hotel cercano di analizzare i costi a livello di singola prenotazione. Strumenti come Juyo Analytics o Kalibri Labs’ Hummingbird offrono viste avanzate, combinando diverse fonti dati.

Tuttavia, arrivare a una precisione totale è difficile: servono tempo, risorse e know-how. Alcuni esperti avvertono che la ricerca ossessiva della granularità perfetta può rallentare i processi decisionali. Eppure, come ricordato durante la discussione, non affrontare il tema significa bruciare i profitti generati.

Net RevPAR e i suoi limiti

Il Net RevPAR (Revenue per Available Room al netto dei costi di distribuzione) è stato a lungo considerato uno standard. Tuttavia, non sempre racconta l’intera storia.

Alcuni operatori sperimentano metriche alternative, come il RevPAR con mark-up / Net RevPAR, utile per valutare la redditività reale dei canali. Altri suggeriscono di misurare il rendimento per “room turn”, particolarmente rilevante negli extended stay, dove la dinamica dei costi è diversa rispetto agli hotel tradizionali.

La conclusione è chiara: non esiste una formula universale. Serve adattare le metriche alla tipologia di struttura e al modello operativo.

Costi nascosti: loyalty e forza vendita

Uno degli aspetti più sottovalutati riguarda i programmi fedeltà. Le spese legate a:

  • sconti,

  • colazioni gratuite,

  • upgrade,

  • benefit aggiuntivi,

sono spesso escluse dall’analisi dei costi di distribuzione, ma hanno un impatto significativo.

Lo stesso vale per il costo del personale, in particolare i team di sales & marketing e le risorse dedicate ai gruppi. Ignorare queste voci significa avere una visione parziale e poco realistica della redditività.

Performance Max: un canale da osservare

Nella conversazione è emerso anche il ruolo crescente delle campagne Google Performance Max (PMAX).

Per molti hotel stanno diventando uno strumento chiave per:

  • raggiungere viaggiatori ad alta intenzione,

  • coprire più touchpoint del funnel,

  • competere meglio con le OTA.

PMAX non sostituisce le OTA, ma può riequilibrare il gioco, offrendo agli hotel una leva in più per aumentare visibilità e prenotazioni dirette in modo più efficiente.

Come affrontare il vero costo della distribuzione

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1. Mappare tutti i costi

Non solo commissioni OTA, ma anche spese di marketing, loyalty, payroll e strumenti digitali.

2. Scegliere le metriche giuste

Net RevPAR è utile ma non sufficiente. Integrare con metriche più personalizzate aiuta a capire la reale efficienza dei canali.

3. Investire in tecnologia

Business intelligence e piattaforme di analisi avanzata permettono di avvicinarsi a una visione quasi a livello di prenotazione.

4. Rivedere le strategie di canale

Non farsi abbagliare dal “tutto diretto”. Serve un mix equilibrato di canali, calibrato in base a costi e ritorni reali.

5. Considerare la dimensione temporale

Conclusioni

Alcuni investimenti (es. loyalty o brand marketing) hanno ritorni nel medio-lungo termine, e non vanno valutati solo sul singolo booking.

Capire il vero costo di distribuzione di un hotel non è un esercizio teorico, ma una necessità per la sostenibilità economica.

Le prenotazioni dirette restano fondamentali, ma non sempre sono le più convenienti: dipende da come vengono acquisite e da quali costi reali nascondono.

Il futuro del revenue management non sarà una guerra ideologica tra OTA e direct, ma la capacità di misurare, analizzare e ottimizzare ogni canale. Solo così gli hotel potranno massimizzare i margini e garantire crescita nel lungo periodo.

Il vero obiettivo non è aumentare “le dirette” a ogni costo, ma avere una visione chiara e completa dei costi di distribuzione, per prendere decisioni basate sui dati e non sulle percezioni.

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