La vera storia di Booking.com: da startup olandese rivoluzionaria a colosso globale (e controverso)

La vera storia di Booking.com: da startup olandese rivoluzionaria a colosso globale (e controverso)

Quando pensiamo a Booking.com, immaginiamo uno dei più grandi siti al mondo per prenotare hotel, appartamenti e viaggi. Ma dietro questa interfaccia familiare si nasconde una storia affascinante fatta di visioni geniali, algoritmi, party aziendali sfrenati, acquisizioni miliardarie e, negli ultimi anni, anche forti critiche etiche e culturali.

Gli inizi: una startup olandese controcorrente (1996–2003)

Tutto ha inizio nei Paesi Bassi, quando Geert-Jan Bruinsma, uno studente di ingegneria, lancia Booking.nl nel 1996. L’idea era semplice ma potente: permettere agli utenti di prenotare hotel online in tempo reale, senza fax né telefonate.

Nei primi anni, il progetto stenta a decollare. Ma la svolta arriva con l’ingresso di Kees Koolen e altri manager commerciali, che trasformano la startup in una vera “macchina da conversioni”, ossessionata da efficienza, testing e scalabilità.

GeertJanBruinsma founder Booking.com

L'acquisizione americana e la scalata globale (2004–2012)

Nel 2005, Booking.com viene acquistata dal colosso americano Priceline per oltre 110 milioni di dollari. È un colpo da maestro. Booking resta gestita da Amsterdam, ma diventa il cuore pulsante del gruppo.

Nel giro di pochi anni, Booking:

  • supera Expedia come piattaforma numero uno per gli hotel

  • genera fino al 90% dei profitti del gruppo Priceline

  • si espande in tutto il mondo mantenendo un modello snello e ultra-performante

La chiave del successo? Un algoritmo inarrestabile e un sistema proprietario di test A/B che analizza ogni singolo elemento del sito in tempo reale. Niente intuizioni o “idee del CEO”: solo dati, dati, dati.

La “Macchina”: efficienza estrema, cultura aziendale radicale

Booking diventa una delle aziende più data-driven del mondo. Ogni dipendente può lanciare test, ogni pagina del sito è ottimizzata per la conversione, ogni decisione è presa in base a numeri.

Nel frattempo, si sviluppa una cultura aziendale fuori dal comune:

  • Feste mensili chiamate Freaky Fridays, con dj set, drink e performance.

  • L’evento annuale BAM (Booking Annual Meeting), con migliaia di dipendenti da tutto il mondo, gadget, ospiti vip e open bar illimitato.

Questa cultura iper-giovanile, in stile Silicon Valley, è al tempo stesso potente e pericolosa: alimenta entusiasmo, ma anche abusi, burnout e mancanza di equilibrio.

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I primi segnali di crisi e la pandemia (2016–2021)

Negli anni successivi, Booking tenta di evolversi: vuole diventare una piattaforma di “Connected Trip” (hotel + volo + attrazioni), sfidare Airbnb, lanciare nuovi strumenti per gli host. Ma molti progetti falliscono: BookingSuite viene chiuso, le app non decollano, i competitor crescono.

Poi arriva il COVID-19. Le prenotazioni crollano. Booking licenzia migliaia di persone e — fatto controverso — chiede aiuti di Stato olandesi per oltre 100 milioni di euro… nonostante anni di profitti miliardari e bonus ai top manager.

L’opinione pubblica si ribella. La reputazione crolla. L’azienda, un tempo simbolo dell’innovazione europea, viene vista come fredda, distante, mossa solo da profitto.

Decadenza culturale e difficoltà di innovazione

Dopo il 2020, Booking affronta un periodo di declino morale e organizzativo:

  • Cambi frequenti di CEO e tensioni tra management olandese e americano

  • Perdita dell’identità iniziale, burnout dei dipendenti, codice sorgente diventato ingestibile

  • Difficoltà a tenere il passo con i cambiamenti del mercato (come il boom di esperienze e soggiorni autentici)

Anche il rapporto con Amsterdam, la città dove è nata, si incrina: Booking viene accusata di contribuire agli affitti turistici selvaggi e di promuovere case illegali, peggiorando la crisi abitativa.

Il libro The Machine – In de ban van Booking.com, scritto dai giornalisti olandesi Stijn Bronzwaer, Merijn Rengers e Joris Kooiman, è un’inchiesta profonda e implacabile che racconta l’ascesa, il dominio globale e la crisi identitaria di Booking.com. Pubblicato nel 2021, il volume ricostruisce con rigore giornalistico la trasformazione di una piccola startup universitaria nata nei Paesi Bassi in uno dei colossi più influenti (e controversi) dell’economia digitale. Gli autori svelano i retroscena di una “macchina” guidata dai dati, dai test A/B e da una cultura aziendale estrema, in cui la ricerca dell’efficienza assoluta ha progressivamente messo in secondo piano le persone, gli hotel partner e i valori iniziali. Una lettura essenziale per chi vuole capire come la tecnologia può rivoluzionare – ma anche snaturare – un intero settore

Cosa ci insegna la storia di Booking?

La parabola di Booking.com è una delle storie tech più incredibili d’Europa: da startup di provincia a colosso globale. Ma è anche una lezione sull’ambiguità della crescita a ogni costo.

Booking ha dimostrato che con la giusta tecnologia e ossessione per il dato si può rivoluzionare un intero settore. Ma ha anche mostrato cosa succede quando si perde di vista il contesto umano, sociale e culturale.

Oggi, Booking.com resta una delle aziende più forti nel travel tech, ma il futuro dipenderà dalla sua capacità di ritrovare un’identità, creare valore per tutti gli attori coinvolti (non solo per sé stessa) e reinventarsi in un mondo che chiede sempre più autenticità e impatto positivo.

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